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MIKE COOPER "Black Flamingo"

A 80 anni, il britannico Mike Cooper, grande viaggiatore di fronte all'eterno e pioniere del folk psichedelico manipolato dalla fine degli anni '60, non smette mai di sperimentare, ormai fedele a una delle etichette più esaltanti in materia, la scuderia Room40 dell'australiano Lawrence English, che in particolare lo ha visto collaborare in diverse occasioni con Chris Abrahams, il pianista dei The Necks.Che si tratti di un'acustica dronesca e fatiscente o di un'elettronica dai forti accenti exotica, il musicista ora basato a Bangkok continua a sorprendere, ed è ancora così con questo Black Flamingo, album nato dalle sue prime esperienze di collaborazioni a distanza a seguito della pandemia. È così dagli scambi di file che sono nati questi strumentali in gran parte improvvisati, attingendo questa volta al jazz, su cui imperversano vecchi amici e collaboratori (i sassofonisti Geoff Hawkins, Aaron Hawkins, Jon Raskin e Tim Hill, i clarinettisti Michael Thieke ed Elliott Sharp, il vocalist Viv Corringham) ma anche un coro (che recita numeri in più lingue sull'ipnotico e intrigante The Numbers) e persino un musicista mai conosciuto di persona (il chitarrista lap steel Scot Ray).Come il vertice Distant Songs of Madmen ma senza le canzoni questa volta (con l'eccezione della stessa Ornette Coleman The Satellites Are Spinning), vi troviamo un'ispirazione più esplosa, tributi destrutturati a Sun Ra che danno il posto d'onore al pianoforte, con archi ad arco e altre percussioni, in crescendo di tensione ambient-jazz distopica e drogata, di miniature folk isolane con effetti narcotici, in meditazioni ottonate orlate da field recordings tropicali, passando per strani rituali tribali ai confini dell'elettronica (Trancendence Dub) o anche... trap psichedelica sassofonica (Beneath These Waves), non puoi farcela!
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