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DAN DEACON Mystic Familiar

L’andazzo è chiaro fin dal primo brano, quella Become A Mountain che è una sorta di filastrocca allucinata introdotta da un altrettanto allucinato e ossessivo rintocco di piano e che poi si apre a scenari quasi giovannialleviani, il che non è un complimento. Così come Arp è una pièce abbastanza ridondante suddivisa in quattro atti numerati ordinalmente (I: Wide Eyed, II: Float Away, III: Far From Shore e IV: Any Moment) e che si muove tra i confini di un intro (I) e un outro (IV) dalla batteria anni ’80 e un piglio arty che alla fine – tra tappeti di synth, sax pindarici, pennellate dream pop e vocoder in perfetto stile Devo, Alan Parson Project e Tubeway Army – prende quasi per sfinimento. Appena meglio Sat By A Tree, primo estratto del disco e girotondo di infantile synthedelia ad abbracciare trame quasi roots-rock intessute di violini da mondo fantasy, un po’ come se uno Springsteen in versione Atreiu de La storia infinita salisse su un carro alato trainato da Falkor e spalleggiato dagli angeli Arcade Fire, Fanfarlo e Wolf Parade.
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